La storia della Cultivar Raggia



Parente stretto del Frantoio, la Raggia è storicamente presente nelle Marche; definita “Raja” o “Mandolina” per il netto sentore di mandorla verde nell’olio, è diffusa in particolare nella collina litoranea della provincia di Ancona; andando verso l’interno viene sostituita da Rosciola Colli Esini e Mignola, meno sensibili al freddo.
Pianta di vigoria elevata, a portamento espanso, chioma ramificata e disordinata; sensibile a rogna, freddo e occhio di pavone.
Produttività elevata e piuttosto costante; resa in olio medio-elevata, inolizione preoce.
Frutto di medie dimensioni, forma ovale, allungata e asimmetrica, colore dal verde-chiaro con lenticelle appena evidenti, al nero-violaceo più o meno intenso; invaiatura tardiva e scalare.
È consuetudine utilizzare le olive più grandi, nere o verdi, per uso familiare come olive da mensa, marinate o in salamoia, molto apprezzate per la polpa particolarmente dolce.
Olio dal fruttato medio-intenso, con toni erbacei e un sentore prevalente di mandorla fresca, accompagnato da sfumature di carciofo; equilibrate note di amaro e piccante; medioelevato
contenuto in acido oleico e in polifenoli totali.

Nel comune di Monte San Vito si segnala un frantoio risalente al XVII secolo, composto di macina in pietra datata 1688, mossa tramite un meccanismo di leve da un asino; l’estrazione avveniva poi con fiscoli pressati da torchi di legno azionati a mano.
Un filo d’olio monovarietale di Raggia valorizza i piatti tipici della tradizione, quali lo “stoccafisso all’anconetana”, il “mosciolo selvatico di Portonovo”, una cozza che si pesca sulle scogliere naturali del Conero e…perché no… una semplice bruschetta, “pà cu l’ojo”.