La storia del vitigno Lacrima

Dopo la caduta dell’Impero Romano, che aveva visto il diffondersi della coltivazione della vite e il commercio dei vini, come testimonia il ritrovamento in mare a Senigallia di anfore vinarie, le invasioni barbariche, la presenza dei Longobardi e le invasioni saracene dal mare, spinsero la popolazione del territorio interessato alla produzione degli attuali vini a denominazione d’origine “Lacrima di Morro d’Alba” o “Lacrima di Morro” ad erigere fortificazioni, destinate a divenire il fulcro di successivi insediamenti.


In questo territorio iniziò, a partire dal 900, “l’incastellamento” dei luoghi collinari, più facilmente difendibili dagli attacchi esterni; anche le vigne subirono una trasformazione e le alberate, diffuse in epoca romana, vennero sostituite da piccoli appezzamenti protetti da recinti dove la vite veniva spesso consociata con gli alberi da frutto.


In tale epoca l’importanza economica della viticoltura si ridusse, ma le vigne continuarono ad essere presenti negli “horti conclusi”, spesso coltivate dai monaci per produrre il vino per le esigenze liturgiche. Le tecniche di coltivazione della vite messe a punto in epoca romana furono così affinate e tramandate negli ambienti monastici, che svolsero un ruolo importante di salvaguardia della cultura agricola del territorio.


Nell’età dei Comuni, le migliorate condizioni economiche portarono ad aumenti della popolazione e dei fabbisogni alimentari, contribuendo al recupero e al consolidamento del ruolo della viticoltura, che divenne un tratto distintivo del territorio.


Non si ha conoscenza da quando il vitigno Lacrima iniziò ad essere coltivato in quella che è la sua attuale area di elezione, ma sappiamo con precisione che la sua importanza e i suoi pregi erano già ben noti nel territorio regionale nella seconda metà del diciannovesimo secolo.


Infatti, nel volume “La esposizione ampelografica marchigiana-abruzzese tenuta in Ancona il settembre 1872 e studi sulla vite e sul vino della provincia anconitana” pubblicato nel 1873 è inserita la descrizione del vitigno Lacrima, condotta su diversi campioni di foglie e di grappoli raccolti in differenti aree delle Marche, unitamente ai risultati dell’analisi chimico fisica dei vini monovarietali effettuata dal laboratorio del Regio Istituto Tecnico di Ancona. La descrizione è ben dettagliata, riguarda i diversi organi della vite, le fasi fenologiche e il comportamento nei confronti delle malattie. Viene evidenziata la precocità di germogliamento, la presenza di una sensibile componente aromatica e si riporta un lusinghiero giudizio sul vino “Ottimo vino aromatico, atteso il grato profumo.”.


Troviamo la descrizione di Lacrima anche nei Bollettini Ampelografici e, date le caratteristiche di pregio e l’importanza di questo vitigno nella viticoltura della provincia di Ancona della seconda metà dell’800, non stupisce che Lacrima sia stata una delle tre varietà di viti coltivate nelle Marche ad essere inserita nel primo volume dell’Ampelografia italiana, pubblicato a Torino nel 1879, a cura del Comitato Ampelografico Centrale.


La descrizione di Lacrima riportata nell’Ampelografia italiana corrisponde perfettamente a quella della varietà che viene attualmente coltivata con questo nome nelle Marche, ma non concorda con quella che era stata precedentemente inserita dal Gallesio nella Pomona italiana, né corrisponde ad altri vitigni che portano lo stesso nome e che sono diffusi nelle aree meridionali del nostro paese.
Il Lacrima, quale vitigno antico e di grande pregio, ma di non facile coltivazione a causa della notevole precocità di germogliamento, ha visto un periodo di contrazione delle sue superfici coltivate durante la ricostituzione viticola del secondo dopoguerra, ma ha poi rafforzato la sua presenza nel territorio del Comune di Morro d’Alba (così denominato dal 1862 a partire dal suo antico nome romano) e in quello dei comuni limitrofi.


Il rinnovato interesse verso la coltivazione di Lacrima ed alle peculiari caratteristiche dei vini ottenuti ha quindi portato ad ottenere il riconoscimento della denominazione d’origine controllata “Lacrima di Morro” o “Lacrima di Morro d’Alba” nel 1985, che a sua volta ha dato ulteriore impulso allo sviluppo del territorio e al perfezionamento delle tecniche di gestione dei vigneti e di vinificazione delle uve.