Il Vino Lacrima di Morro d’Alba



La DOC Lacrima di Morro d’Alba

La DOC Lacrima di Morro d’Alba è una della 16 denominazioni delle Marche, regione che conta anche la presenza di 5 DOCG (Castello di Jesi Verdicchio Riserva DOCG, Conero DOCG, Verdicchio di Matelica DOCG, Vernaccia di Serrapetrona DOCG e Offida DOCG).
Il riconoscimento della DOC è del 1985, parecchi anni dopo la richiesta e a causa dell’opposizione della Regione Piemonte che temeva l’insorgere di confusione fra i consumatori che avrebbero potuto scambiare la DOC marchigiana con le langarole Alba e La Morra.

Fanno parte della denominazione il comune di Morro d’Alba e altri cinque comuni, tutti in provincia di Ancona nei dintorni di Senigallia (Monte San Vito, San Marcello, Belvedere Ostrense, Ostra e Senigallia, per quest’ultima sono escluse le colline prospicenti il mare Adriatico).   

Gli ettari vitati sono circa 300, 30 i produttori che insistono nella DOC e 70 le aziende che commercializzano i 14.948 ettolitri prodotti nel 2021 per un imbottigliato, sempre nel 2021, di 1.463.416 bottiglie (+ 7,5% rispetto al 2020); i dati confermano una produzione abbastanza contenuta, a rimarcare quell’intimità che qui sussiste fra un produttore e il suo vino.   

Tre le tipologie di vino previste dal disciplinare di produzione:: Lacrima di Morro d’Alba (almeno 85% di uva Lacrima, Lacrima di Morro d’Aba Superiore (almeno 85% di uva Lacrima) e Lacrima di Morro d’Alba Passito (almeno 85% di uva Lacrima). Sono commercializzate anche altre tipologie non incluse nella DOC, come i Rosati (Light o Dark Rosé) e gli Spumanti (Metodo Classico, il primo è stato creato dall’Azienda Vicari, Metodo Charmat e Charmat lungo) e altri prodotti quali vino e visciola, grappe e brandy.

Il territorio

Un paesaggio che ispira tranquillità e la voglia di fermarsi a contemplare le dolci colline, fra i 100 ed i 250 metri di altitudine, dove i vigneti si alternano a oliveti e a campi di grano e di girasole; il Mare Adriatico, proprio lì davanti, dà il suo importante contributo a un clima mediterraneo e temperato, ventilato da leggere brezze, con le temperature che oscillano in un range fra 0 (in inverno può nevicare, grazie all’aria fredda proveniente dai Balcani) e +35 °C.

Il terreno, in termini tecnici, è composto da rocce pelitico-calcarenitiche e pelitico-argillose; per i non geologi semplifichiamo il tutto parlando di terreni argillosi e argilloso – sabbiosi, con presenza di calcare, ovvero terreni che daranno vini di colore intenso, ricchi di corpo, complessità, acidità e longevità nel primo caso e vini delicati e leggeri, con profumi fini, buona acidità, piacevoli ma non sempre predisposti all’invecchiamento nel secondo caso.

L’uva lacrima   

La lacrima è un vitigno autoctono, il cui vino che non ha nulla a che vedere né con il Lacryma Christi (vino della DOC Vesuvio, a base coda di volpe bianca e/o verdeca min 80%, falanghina e/o greco max 20%) né con il “vino lacrima” pugliese; gli studi sul DNA del vitigno hanno dimostrato che la lacrima, di cui si conoscono due biotipi (lacrima comune e lacrima gentile) deriva da un aleatico, che a sua volta è un’evoluzione del moscato bianco; dallo stesso moscato bianco discende anche il “nostro” moscato di Scanzo, e allora Morro d’Alba e Scanzorosciate si scoprono “cugini”.

È un’uva a bacca rossa e a germogliamento precoce, il che la espone ai ritorni di freddo primaverili e pertanto diventa fondamentale posizionare correttamente i vigneti, escludendo le aree di fondo valle dove possono stazionare gli strati di aria fredda che scivolano lungo i pendii delle colline. I suoi grappoli sono di media grandezza, gli acini hanno un colore blu scuro, con una buccia spessa, ricca di polifenoli ma così delicata da rompersi facilmente a fine maturazione, dando luogo alla caratteristica lacrimazione, ed ecco spiegata l’origine del nome.           

Durante la fermentazione, le uve di lacrima rilasciano antociani, tannini e sostanze aromatiche, fra cui il geraniolo, un alcol terpenico che apporta al vino un piacevole profumo di rosa. A proposito di geraniolo, una curiosità forse poco nota è che viene prodotto dalle ghiandole odorose delle api ed usato come marcatore per i fiori contenenti nettare; le api lo usano anche come guida per trovare l’entrata dei loro alveari.

sistemi di allevamento più diffusi sono il tradizionale cordone speronato, che oggi tende ad essere sostituito dal Guyot o dal Doppio Guyot, sistemi che consentono un allungamento della vita della pianta rispetto al cordone speronato.

È interessante notare che l’interazione fra le caratteristiche del terreno e quelle del clima portano il vitigno lacrima ad esprimere appieno in queste zone le proprie potenzialità, non solo in termini di accumulo zuccherino ma anche per quel che concerne la maturazione fenolica e la concentrazione di aromi primari.